Ecco l'intervista completa all'artista in occasione del suo ultimo singolo, uscito il 17 maggio 2024 su tutte le principali piattaforme
MA PRIMA...
Ecco qualche info sui due artisti e sul singolo:
Benna Mc, all'anagrafe Marco Benati, è nato a Carpi (MO) nel 1981. Fin da giovane è stato membro di varie band, spaziando tra diversi generi, mentre dal 2016 si è messo in proprio e cerca di unire cantautorato e rap nelle sue canzoni. In questa nuova fase del suo percorso artistico, Benna ha dato il via a svariate collaborazioni; in particolare, nel 2019 ha iniziato a collaborare con Mirino, che ora si occupa di tutte le sue produzioni, e anche con Nicholas Manfredini, che segue da vicino la produzione dei pezzi in studio.
Matteo Sugan, in arte Sugan, classe 1992, è originario della provincia di Como e ha alle spalle una lunga formazione musicale, passando dal Conservatorio a vari corsi all'Università Cattolica e al SAE Institute di Milano. Dal 2020, inizia a pubblicare le prime canzoni in inglese, autoprodotte e raccolte nell'album "Year After". Ora Sugan prosegue la sua produzione collaborando con vari artisti, ed è proprio dalla collaborazione con Benna che è nato questo nuovo singolo!
“Non rido mai” parla dei momenti bui e dei cattivi pensieri che ci capita di avere, e in particolare fa leva su quel sentimento di impotenza che nasce perché non ci si sente in grado di intervenire per tirarci fuori da quel buio. In questi momenti, si tende anche ad allontanarsi da chi vorrebbe starci vicino, eppure sappiamo che è sbagliato…
Vi ritrovate in queste parole? Allora leggete l'intervista!
Ciao Benna, parliamo subito del tuo nuovo singolo! Direi di partire dall’idea di fondo: com’è nata “Non rido mai”?
Ciao Chiara! Allora, “Non rido mai” nasce da questa mia caratteristica, io non sono una persona solare. Raramente mi lascio andare a risate scrocianti e spesso questa caratteristica mi viene fatta notare. Guccini diceva che “i sorrisi e le stagioni son denari che van spesi con dovuta proprietà” e mi trova perfettamente d’accordo.
Inoltre questo brano, un viaggio attraverso i miei cattivi pensieri, è stato scritto mesi fa, dopo aver perso un’amica per una brutta malattia. E come dice la canzone stessa, quando i brutti pensieri iniziano a rotolare, non si fermano, acquistano velocità e se non te ne accorgi è semplicemente per ci sei dentro, come ad un treno in partenza.
La canzone è un featuring con Sugan: come ti sei trovato a collaborare insieme a lui? L’avevi già fatto in altre occasioni?
È stata una prima volta. Nel periodo in cui è nato il pezzo, il mio producer storico (Mirino) ha iniziato un nuovo lavoro e insieme sta portando a termine la magistrale, quindi non era disponibile. Condividendo con Matteo la stessa etichetta, come sai, e sapendo che lui è un bravissimo musicista, gli ho chiesto questa strumentale molto spoglia, lo-fi, che lo ha forse fatto uscire dalla sua comfort zone, ma allo stesso tempo gli ha dato la possibilità di mettere in primo piano il pianoforte, strumento che suona da tanti anni.
Mi è piaciuto potermi confrontare con lui, anche perché da tanti anni ormai non lavoravo con altri produttori, quindi è stato senza dubbio un arricchimento.
"I miei pensieri sono graffiti su un treno fermo Che riparte senza me se non ci sto attento Come un T-Rex li vedo solo in movimento E se non me ne accorgo è perché ci sono dentro"
Come sempre, dedico una domanda alla copertina del singolo, che so non essere mai casuale. In questo caso, mi ha colpito molto il palloncino, che nel mio immaginario associo a ricordi positivi e che invece qui è stato reso inequivocabilmente triste. Com’è nata quest’idea?
L’ho scelto proprio per il motivo che hai detto tu: il palloncino, soprattutto nell’infanzia, si associa a momenti positivi. Proprio per questo il palloncino triste rappresenta già un contrasto e, a me, i contrasti sono sempre piaciuti moltissimo. Inoltre il palloncino (almeno quando è riempito ad elio) è qualcosa che se lo lasci andare, poi vola via, lontano. Nella mia testa questo è il modo di affrontare i brutti pensieri, non voglio soffocarli, voglio immergermi, in modo che possano sfogarsi e poi volare via.
Inoltre il brano si chiude con una frase che in realtà è molto più positiva di quanto il mood la faccia sembrare, ovvero “io credo che se non ci fossimo amati saremmo stati solo due, isolati” il che intanto lascia intendere che queste due persone, io e la mia compagna, in questo caso, stiamo insieme, sosteniamo i nostri cattivi pensieri e le nostre solitudini, rendendo le ferite meno profonde o, almeno, guaribili. Quindi qui, il palloncino, torna ad avere un suo lato positivo, ottimista.
Ho visto anche il videoclip del singolo e mi è piaciuto molto il fatto che sia un loop, perché trovo che si associ bene alla canzone, nel senso che le fa da sfondo senza distrarre troppo da quello che è il suo senso; avevi già in mente di realizzarlo in questo modo mentre lavoravi al singolo?
In tutta onestà la scelta del loop, di questo visual, realizzato in casa in pochi minuti, è dovuta alla mancanza di budget. Però effettivamente la canzone è talmente spoglia e senza artefici che si prestava a qualcosa di molto semplice. Al giorno d’oggi è quasi utopico chiedere alle persone di concentrarsi su quello che una canzone dice senza lasciarsi distrarre da tutto quello che c’è intorno. È una cosa che noi però proviamo a fare, tant’è vero che anche la cover, inizialmente, doveva essere completamente nera.
In realtà reputo importante dare un’alternativa di ascolto che non sia su piattaforme a pagamento e che qualcuno possa trovare i brani anche su YouTube, in particolare questi brani, che non possono certo nemmeno ipotizzare di essere trend, di essere tormentoni, ma che sono concepiti con l’idea di avere una vita più lunga. Un altro contrasto poi è stata l’idea di farlo uscire a maggio, in mezzo a orde di batterie Reggaeton. Perché credo sia umano avere cattivi pensieri anche d’estate.
"Tornano sempre a piedi nei film americani Che tanto casa è sempre solo a due isolati Io credo che se non ci fossimo amati Saremmo stati sempre solo due, isolati"
Ora mi addentro un attimo nel sound, perché anche qui ho notato un dettaglio che mi ha colpito: sto parlando di quella specie di “vibrazione” che si sente nel ritornello. Vorrei capire quando e perché è stata pensata per questo brano.
In tutta onestà questa domanda andrebbe fatta a Sugan . Quando mi ha mandato l’idea della base a me è piaciuto questo suono, perché rendeva il ritornello più destabilizzante, come quando sei in metropolitana e lei parte, hai sempre quello scatto che ti fa sobbalzare. A me ha fatto questo effetto, in particolare se ascoltato in cuffia, quindi non mi sono posto ulteriori domande, lo abbiamo lasciato.
E allora lo chiedo direttamente a lui! Eccoci qua Sugan, cosa ci puoi dire?
In realtà si tratta semplicemente del basso della canzone: è un synth impostato in modo tale che faccia un glissato, andando dalla nota bassa (che dà sostegno all'armonia in generale) fino a note più acute, che probabilmente sono quelle che hai notato tu. Questo synth è una presenza costante nella canzone, ma (appunto) si percepisce soprattutto nei ritornelli, e produce questo effetto proprio perché si tratta di uno spostamento continuo tra note basse e alte. Come dice anche Benna, si sente in modo particolare se si ascolta il brano in cuffia.
Concludiamo con una domanda un po’ più profonda: nel testo, parli dei momenti bui che spesso le persone devono affrontare nelle proprie vite, modificando anche il rapporto con chi cerca di starci accanto. Secondo te, esiste una via d’uscita, una soluzione contro questa distanza che si crea tra noi e il resto del mondo in questi momenti?
Io posso parlare per quello che è il mio carattere. Per quanto riguarda me, l’unico modo è comprendere il silenzio, perché io non riesco ad aprirmi prima di essere maturo, come una castagna. Però so che è importante avere le persone che mi amano vicine. Spesso la mia compagna, nella sua sensibilità, mi chiede semplicemente come voglio che lei si comporti.
Certamente non siamo tutti uguali ed è qui che entra in ballo l’empatia. È come un regalo di Natale, se devi regalarmi un profumo o una sciarpa, non serve che tu lo faccia. Se c’è qualcosa che vuoi regalarmi perché lo hai visto e credi sia la cosa per me, non serve aspettare Natale.
Io non vivo l’isolamento come cosa necessariamente negativa, lo dico anche nel pezzo, “io sto bene con la solitudine”. Poi arriva il momento in cui vuoi condividere la tua solitudine e allora il frutto è maturo, pronto per essere mangiato.
Condividere è il risultato finale, il compimento di un processo. Per me, oggi, condividere significa fidarsi.
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